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GERARDO PERNA PETRONE
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PALAZZO D'AMBROSIO, IL GRIDO DI DOLORE E LA RICHIESTA DI AIUTO DI UN EREDE

21.09.2013 13:03
Pubblico la lettera del dott. Rosario Rositani, uno degli eredi del Palazzo D'Ambrosio, che ieri mi è pervenuta. Seppur mi aveva autorizzato a pubblicarla integralmente, ho preferito tagliare alcune parti.
 
“Dott. Petrone,
Sono cosi’ sconvolto che non so da dove cominciare. Questa e’ una lettera sentimentale. Sono passati 30 anni ed ogni mese ho inviato dei fax, email, chiedendo informazioni a riguardo dei fondi per la ricostruzione del palazzo e lui ha sempre fornito delle scuse. C’e’ un ampio registro all’ ufficio comunale con le mie lettere di questi 30 anni. Si e’ anche impossessato del terreno circostante, e un ampio appezzamento terreno sul fianco della montagna che fu un regalo di mio zio per mia madre. La casa e il terreno sarebbero dovuti essere miei e dei miei cugini cosi’ come era stato nella nostra famiglia per oltre 200 anni. Volevamo creare un Bed & Breakfast per Forchia e avere turisti provenienti dagli USA. Volevamo esportare castagne, noci, olio d’ oliva della nostra terra, ma i nostri sogni sono stati infranti da quest’ uomo che ebbe la meglio e fu’ capace di rubare I nostri ricordi e tutto quello legato alla nostra memoria, per me e i miei figli. 
Vogliamo il nostro palazzo e questa battaglia dura da oltre vent’ anni e questo tempo e’ stato sprecato per via della condotta del sindaco, lui riconobbe che il palazzo ha oltre mille anni di storia , ma gli ultimi 200 anni sono stati nella mia famiglia. Non chiedo aiuto, sono sempre stato io quello pronto ad aiutare, ma questa volta ho le mani legate essendo in America.
Mio nonno adotto’ la moglie e dieci figli e la fece restare al palazzo negli anni 40.
Li fece stare fin a quando divennero in grado di avere una propria casa. La mia famiglia si occupo’ di questa famiglia per 20 anni, si, venti anni e mi amano profondamente come io stesso amo loro. Conoscono gli ultimi 100 anni di storia della mia famiglia, e 3 settimane fa, l’ unica donna che conosceva la mia famiglia cosi’ personalmente, che si occupo’ dei miei Nonni quando erano vecchi e malati, e fino alla loro morte, anche lei e’ passata a miglior vita, e con lei, le nostre memorie. 
Mio zio Vincenzo Iuliano conosce personalmente dell’ appezzamento di terreno, parte della montagna, che fu’ dato a mia madre dallo zio durante il suo soggiorno in New York. I documenti furono smarriti e il comune si impadroni’ della terra di mia madre. Un giorno in Forchia mio zio punto’ il ditto verso una parte dellamontagna e mi disse: “ quella e la terra di tua madre che fu’ data a lei da uno zio che la amo’ fin da quando era una bambina, in Forchia, e ora e tuo, con gli alberi di ciliege, olive e alberi di castagne, ed un’ area dove tuo nonno produceva il ghiaccio per la vendita a Napoli. Devi riprendertelo per te e la tua famiglia.” Queste erano le parole di un uomo intelligente ed educato.
Il sindaco promise alla mia famiglia, con il suo ingegnere, e con i disegni topografici, che se avessimo lasciato il palazzo in proprieta’ del comune, mi avrebbe costruito una bella casa costruita per me, mia madre ed i miei figli, con il terreno in un’ area con alberi d’ olivo affinche’ io potessi iniziare la produzione dell’ olio per esportazione negli USA. Aveva i proggetti pronti e disse che la nuova casa sarebbe stata costruita vicino al palazzo. Disse anche che avrebbe restituito a mia madre il suo vasto appezzamento di terreno. Abbiamo visto I proggetti e le piantine, la lettera che affermava che la nuova casa avrebbe avuto alberi di olivo, e inoltre che il terreno sul fianco della montagna sarebbe stato restituito a mia madre. Proprio come fanno molte famiglie in Forchia, che tramandano la casa  di generazione in generazione, cosi’ qeusta casa,il Palazzo, era stato tramandato nella mia famiglia per oltre 200 anni. Fino a quando un giorno il sindaco si e’ impadronito di tutto questo. Sono furioso, ed anche disposto a prendere l’ aereo e venire a Forchia se lei mi potesse aiutare ad organizzare una riunione con le autorita’ del caso.
Si ricordi che mia nonna e’ deceduta nel ’78 ed era anch’essa una santa donna. Era la proprietaria di un piccolo negozio di alimentari nella piazza del paese. Quando  mori’ aveva una somma di 15,000US$ che la gente del paese le doveva, dal momento che lei faceva credito a molte persone. Me lo ricordo fin da quando ero piccolo e andavo in vacanza  a Forchia e qualche volta la aiutavo al negozio. Quando ero a negozio mi ricordo che lei mi diceva di annotare lo scontrino e di non prendere i soldi in contanti dei clienti.
Mia zia Alessandrina prese il negozio nel 1980 dopo il terremoto, e nel 2006 chiuse il negozio per le stesse ragioni. Come mia nonna, anche lei faceva credito a molti e quando chiuse nel 2006 le dovevano oltre 30,000$. Speravamo di poter riprendere il negozio e renderlo piu’ competitivo con I piu’ grandi negozianti ma mia zia chiuse prima che io potessi intervenire .   Ecco quanto la mia famiglia e’ stata buona per generazioni. La citta’ di Forchia lo sa. Se riprendiamo indietro il palazzo e negozio sara’ in onore di mia nonna.
Ripeto, siamo brava gente , non ci meritiamo questo e l’inganno.Il sindaco sapeva che eravamo buoni e ci ha ingannato. Il nostro sogno e’ di poter trascorrere 4 mesi l’ anno in Forchia ogni anno e di comperare anche uno spazio nel cimitero per la mia famiglia.
Voglio che i miei figli e nipoti, abbiano la possibilita’ di conoscere la storia di Forchia.
Non abbiamo piu’ nulla in Forchia, abbiamo perso tutto quello che avevamo , e’ tutto scomparso. Merito del rispetto per aver combattuto per il mio Palazzo fin da quando avevo 17 anni. Spero di ricevere buone notizie da parte sua con la speranza che quello che ci e’ stato tolto verra’ restituito."